Un anno.un giorno di Raffaele Crispino |
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Un anno, un giorno
Raffaele Crispino |
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Raffaele Crispino©2004-2012
1
Faceva caldo. Roberta aprì la finestra,poi ritornò
a sedersi sullo sgabello con l'intenzione di continuare a dipingere.
La radio era accesa e lo speaker invitava i radioascoltatori a telefonare.
Anche se ora un venticello le dava un po' di freschezza,Roberta non aveva
più voglia.
Si pulì le mani con uno straccio imbevuto di acqua ragia e rimase ad
osservare quello che aveva dipinto, nonostante che il presentatore della radio
non le desse tregua.
Si decise.Alzò la cornetta del telefono e chiese di ascoltare "Sexy
Sadie" dei Beatles.
Aspettò un po' ma della sua canzone non sentì neanche una nota.
Parlò con King, il presentatore della radio,che fu evasivo.
Parlò con Edwige che si scusò perché non avevano nei
loro archivi la canzone richiesta.
Per Roberta era un desiderio mancato.
Imprecò, insultò,umiliò Edwige e la radio.
Lei aveva "il bianco", l'album che conteneva il brano sexy sadie
, e non sopportava che una radio non avesse alcuna copia.
Edwige fu paziente, anzi chiese a Roberta di registrare su una cassetta alcuni
brani dell'album bianco, e di portarla in radio.
Così anche gli altri ascoltatori avrebbero potuto gustare le musiche
dei Beatles.
Roberta non rispose.
Era troppo.
Abbassò la cornetta con violenza dopo averla mandata al diavolo.
Bisognava aspettare
Pazientare.
Pensava alla proposta che Edwige aveva osato fare.
Proprio ora con tutti i casini che le giravano intorno, si metteva docile
e buona a registrare le canzoni del bianco: trenta brani, un'ora abbondante
d'impegno.
Troppo.
Si passò il fazzoletto sul collo sudato.
Si versò del caffè freddo nella tazzina e andò in giardino.
Lì si stava più freschi; più tardi avrebbe fatto una
doccia.
Abitava in una villetta a due piani,situata sulle pendici
della collina, poco distante dal borgo medioevale.
Si stava addormentando quando sentì suonare alla porta.
Non aveva voglia di alzarsi.
Il campanello suonò ancora e allora
aprì la porta.
rimase senza parole. Tutto si sarebbe aspettata ma non quella visita.
Giovanni Astardi sembrava stanco,quando sprofondò sulla poltrona.
Roberta non aveva detto una parola. Erano passati un paio d'anni dal loro
ultimo incontro.
"Vuoi bere? Coca cola?" chiese.
"Sì, grazie. Una coca cola può andare bene ", rispose
a voce bassa Giovanni.
Roberta versò la coca cola nel bicchiere e allungò la mano.
Lo guardò negli occhi e si sentì attraversare da un fremito
E ricordò quella prima volta che incrociò il suo sguardo...
Roberta aveva allora trentadue anni quando si presentò
da lui per le prove; non era certo una ragazzina, né una che si trovasse
a fare quel mestiere per caso.
Non aveva avuto fortuna, o non aveva incontrato le persone giuste, ma si poteva
ritenere soddisfatta per quello che aveva fatto e anche se non era diventata
una star di prima grandezza, era riuscita però a costruirsi una buona
posizione economica.
Ora c'era l'occasione di lavorare con Astardi. Il massimo a quei tempi; avrebbe
girato l'Italia e forse sarebbe arrivato anche il cinema.Quello vero. Non
più comparsa in film di serie B.
Ed invece... ci fu l'amore, la passione.
Pensò alla loro storia e a come finì male.
Roberta si trovava a casa, a Roma.
Giovanni era fuori città; sarebbe ritornato il giorno dopo.
Era un pomeriggio afoso e caldo d'agosto del 1984. La città s'era svuotata
e lei non ricordava neppure per quale accidenti era rimasta.
Stava nella vasca da bagno quando sentì il telefono squillare. Non
avrebbe voluto alzarsi, non avrebbe voluto rispondere ma poteva essere Giovanni.
Invece era Francesco, il suo ex fidanzato, il ballerino a cui era stata legata
per più di due anni.
Che voleva?
Cosa chiedeva?
E per quale motivo se lo ritrovò a casa, lì, vicino a lei nel
bagno, non se l'era mai spiegato, neanche ora.
Il lungo asciugamano le scivolò all'improvviso di dosso, Francesco
l'abbracciò.
Le accarezzò il viso e la baciò.
Le piaceva farsi toccare.
Roberta sentì la libidine sciogliersi in bocca.
Gli disse di smettere. Lo disse piano, lo disse come per dirgli di continuare.
Francesco le toccò i seni , i fianchi.
Roberta godeva.
Ingoiò la saliva di piacere che le aveva riempito la bocca.
Lo vedeva ora che si abbassava con la testa e le baciava l'ombelico.
Ebbe un gesto di ribellione.Si allontanò,ma Francesco non la lasciò
scappare.
La fece cadere e le fu sopra.
Ora non aveva più scampo.
Si divincolò, cercò di ostacolarlo, ma questo favorì
la manovra di Francesco che riuscì a possederla.
Più forte.
Ora,ancora.
Non fermarti.
Baciami.
Guardami.
Amami.
Lentamente.
Dolcemente.
Roberta scivolò giù, ma Francesco la tirò a sé
con i capelli neri e lunghi, fino a portare di nuovo le sue labbra a contatto
con le sue.
Ora era pronta, ora la poteva prendere.
Tempo.
Spazio.
Abbandono.
Roberta indossò l'accappatoio, si guardò allo specchio: era
soddisfatta, era contenta, era felice per aver fatto l'amore.
Era stato quel caldo afoso.
Era stato il silenzio della città, e poi lei era sola, e poi era il
mese d'agosto.
Era stato solo un attimo di follia, un'esigenza della carne, nulla più.
Lei non lo amava, lei amava Giovanni.
Avrebbe dimenticato.
Giovanni venne a conoscenza del fatto. Lei non ricordava se fosse stato Francesco
a dirglielo o lei.
Non la perdonò, ma non la odiò.
Fu un po' di tempo dopo che Roberta decise di ritirarsi.
Giovanni tentò di farla desistere,ma non ci riuscì
Non le chiese cosa avrebbe fatto e che progetti avesse. Le chiese solo di
chiamarlo e di tenerlo informato.
Roberta si dimostrò forte, decisa, risoluta; scoprì delle doti
che prima non pensava di possedere. Si trovò padrona della sua vita.
Nei primi tempi passava le giornate a girare per la città, a guardare
le vetrine dei negozi e a visitare musei e gallerie d'arte. Incominciava a
darsi qualche interesse.
La pittura.
Dipingeva.
Si sentiva una nullità in quella grande città e per questo decise
di andare via.Scelse il luogo, comprò il terreno e edificò la
sua casa.lì a due passi dal borgo mediovale.
Scoprì il piacere di alzarsi presto la mattina per andare in chiesa,
nell'antica cattedrale.
Il piacere di sentire il rumore dei suoi passi mentre camminava tra le strette
e silenziose vie del borgo. Il piacere di sentire la pace quando stava seduta
in preghiera nella cattedrale.
La gente del luogo in un primo tempo aveva diffidato di quella donna, così
bella, così giovane che s'era intrufolata nella loro comunità.
Pensavano che dovesse avere un bel po' di peccati sulla coscienza da scontare
per aver scelto un luogo così fuori mano; poi con il passare del tempo
era riuscita a conquistarli e a conoscerli tutti.
Chiamava lei Giovanni, per sentire la sua voce, per sapere come se la passava;
poi con il tempo la cosa si era affievolita.
Per tutto quel tempo Roberta non aveva avuto alcun uomo fino a quando non
incontrò Andrea Argot, il medico della mutua.
Era il suo medico. Lei non ci andava mai, né aveva avuto la bontà
di farsi conoscere quando lo scelse come medico. Aveva sempre rimandato di
giorno in giorno; sapeva che non faceva bene ad agire così. Diceva
sempre che lo avrebbe fatto quando si sarebbe sentita poco bene,ma per sua
fortuna aveva una salute di ferro.
"Finalmente ci conosciamo " disse Argot,quando si presentò
a casa sua.
Gli piaceva quella donna.
Gli piaceva molto.
Il corteggiamento da parte del dottor Argot iniziò blandamente, quasi
avesse timore di osare, di chiedere, di aspirare.
Iniziò a frequentare il negozio di souvenir ed antiquariato, che Roberta
aveva aperto da un paio d'anni.
La prima cosa che acquistò fu un lume antico, poi alcuni quadri di
Roberta.
Andrea non dispiaceva a Roberta;anzi provava, nascostamente, un po' di attrazione
per lui.
Non era sicura al punto d'impegnarsi; non voleva illudersi, né illudere
quell'uomo .
Giovanni seppe del loro amore e fu contento per lei.
Astardi con il bicchiere in mano si avvicinò alla grande vetrata.Da
lì si aveva una bella vista della città nuova.
Diede un'occhiata al grande salone ed osservò le cose, fino a fermarsi
su di una foto di grosse dimensione.
C'erano tre donne nude, prese da dietro. Non si vedevano i loro volti.
Chiese chi erano le donne della foto.
"Questa,almeno,la dovresti conoscere bene ", disse Roberta, mostrando
con un dito la donna al centro della foto.
"Sei tu! E già, mi sembrava una faccia... conosciuta..."
"Stronzo."
Astardi chiese chi fossero le altre due.
"Quella che sta alla mia sinistra è Giulia Bristol, l'altra è
Eleonora Datti."
"Non mi ricordano nessuno.Belle, però!"
"Eravamo giovani, allora.
"Ma questa Giulia Bristol è una straniera?"
"No.A quei tempi era di moda usare un nome straniero; faceva più
presa sul pubblico. Eravamo nella stessa pensione; tutte e tre, decise, a
qualunque prezzo, a sfondare nel mondo del cinema. Questa foto è stata
scattata nel 1971 sul set di un film d'avventura in versione erotica. "
"Già, ricordo. Era un via vai di film a sfondo erotico. Eppure
questa Bristol mi ricorda qualcuno. Ne avrò sentito parlare da qualche
parte."
"L'avrai letto sul giornale. In cronaca nera."
Astardi la guardò con aria interrogativa.
"Giulia Bristol era la più bella, la più decisa. Quella
che ci indicava sempre la via e il modo per arrivare all'obiettivo. Purtroppo
per lei, incappò in qualcosa di losco e brutto." riprese Roberta.
"Droga?"
"Sì. Iniziò a prenderla ad una festa che un produttore
aveva organizzato nella sua villa per il lancio di un nuovo film. Lei c'era
andata perché le serviva conoscere gente; aveva portato anche noi due.
Non abbiamo provato. Siamo state attente,lei no."
"Testa di ponte", disse Giovanni, interrompendola.
"Cosa? Testa di ponte?"
"Certo. Giulia è stata per voi una testa di ponte. Come per l'esercito
quando si deve cercare di sfondare una postazione nemica. Si mandano degli
uomini decisi a tutto e con alto rischio di finire all'inferno. Se va bene,
gli altri vanno in quella direzione ed hanno tutto ormai facilitato, se no,
cambiano strada. In gergo militare si dice testa di ponte. Voi avete fatto
lo stesso con lei.", precisò Giovanni.
"Forse. Era la nostra guida. Da quella sera non ci siamo più frequentate,
anche se ci vedevamo ogni tanto. Giulia aveva lasciato la nostra pensione
e s'era stabilita nella casa di un ricco commerciante di Roma, che diceva
che voleva spendere i suoi soldi per farla diventare una star di prima grandezza.
Abbiamo saputo poi che stava sul set a fare l'amore con uomini e donne ",
disse Roberta un po' stizzita, lasciandosi cadere sulla poltrona.
"Film porno, immagino." sentenziò Astardi.
"No. Non subito. Si dava a tutti, a tutti quelli che le potevano garantire
qualche parte. Partecipava a quei festini o feste di grossi magnati: in pratica,
orge organizzate. La droga costa."
"Già! ", sbottò Giovanni, prendendo dalla tasca la
sigaretta di filtro bianco.
"Ma non avevi smesso di fumare? ", chiese Roberta.
"Cosa? Ah, sì. Ho smesso per un paio di mesi; forse per provare
a me stesso che avevo la volontà di combattere questo vizio. Una volta
accertato che ci riuscivo benissimo, chi me lo faceva fare di restare senza
sigarette? Tanto in qualsiasi momento posso buttarle dalla finestra."
Roberta si alzò; quella faccia di stizza, che aveva, pensando a Giulia,
era sparita. Ora era più calma e posata.
Andò in cucina a prendere dei biscotti; prese una bottiglia d'acqua
minerale, una bottiglia d'amaro e due bicchieri.
Si versò l'acqua minerale effervescente; osservò le bollicine,
che salivano dal fondo del bicchiere. Bevve tutto d'un fiato.
Aveva la gola secca. Anche se parlare con Giovanni le aveva fatto dimenticare
l'arsura .
Dopo aver fumato fino alla cicca, Astardi versò nei bicchierini l'amaro
e ne porse uno a Roberta; poi aspettò.
"Verso la fine degli anni 80, Giulia passò al porno. Tu non hai
mai visto un film di Giulia?", chiese inaspettatamente Roberta.
Non si aspettava quella domanda, farfugliò qualcosa, poi, candidamente,
ammise di aver visto un bel po' di film porno
"Io sì, io l'ho visto un film di Giulia. Ho visto come lavorava."
fece una pausa, poi continuò." Non voglio farti un racconto particolareggiato
di quello che faceva nel film. Voglio solo farti capire che si vedeva che
quelle cose lei le faceva controvoglia. C'era un contrasto, un forte contrasto
tra Giulia e la sua compagna di lavoro. Questa era più brava: faceva
bene l'amore. Giulia... no, non ne era capace. Lei faceva all'amore in modo
apatico, quasi in stato di costrizione."
"Spero, almeno, che abbia preso un bel po' di soldi."
"Sì. Ne ha presi di soldi. Ha fatto solo tre film porno. Poi,
non so, penso che i produttori non abbiamo voluto rischiare più. E
allora!... Senza soldi e con la droga che ti corrode l'anima, cosa fai?"
"Fai una bella rapina ", concluse Giovanni, accendendosi un'altra
sigaretta.
"Non proprio. Furti e scippi. Fu presa. Condannata. Per fortuna ebbe
la condizionale. Ma ormai era persa. La convinsi ad andare in un centro di
disintossicazione, in una comunità terapeutica. Qualcosa di soldi glieli
ho dati anch'io. La cura sembrò andare bene. Giulia ce la fece ad uscire
dal tunnel della droga. Poi boom!
"Come... boom?"
"Un colpo di pistola al cervello. L'ha fatta finita: un attimo, un momento
e boom."
Roberta ripeteva quest'ultima parola, tenendo entrambe le mani sulle guance
e serrando le gambe in un gesto di stizza. Come se si trovasse lì,
vicino Giulia, in quel preciso momento in cui la sua amica puntava la pistola
alla tempia e premeva il grilletto.
Giovanni rimase in silenzio.
Dopo un po' Roberta per allontanare quell'aria triste che s'era posata nell'aria
gli chiese d'indovinare chi fosse l'altra.
Giovanni non sapeva proprio chi fosse questa Eleonora Datti e per aiutarlo
Roberta disse che il suo vero nome era Natalia e che era francese.
Ma neanche con questo aiuto Giovanni capì chi fosse questa Eleonora
Datti,francese con il nome di Natalia.
"Ebbene, mio caro Gianni, questa non è altro che Natalia Fenrò."
"La stilista!"
"Appunto, la stilista. Ha un impero ormai. A lei sì che è
andata bene."
"Interessante, molto interessante. E dai! Raccontami qualcosa di quei
tempi, di quando stava con voi. Qualche avventura piccante mai raccontata
sui giornali."
"Ti piacerebbe, vero? Vuoi sapere se ha partecipato a qualche orgia,
di sicuro?"
Giovanni sorrise.
" Mai. Nessuna orgia.", disse, risentita.
Era un po' scocciata da quello che frullava nella testa del suo ex.
Per Giovanni qualunque donna, che fosse riuscita a sfondare nella vita, doveva
per un verso o per l'altro essere passata in chissà quanti letti.
"Senti, sono quasi le otto. Vado sopra a farmi una doccia. Tu, se vuoi,
puoi accendere la televisione e vedere una bella partita di calcio; ce ne
sono a iosa in questo periodo, o fare qualche altra cosa. Sei il padrone.
A più tardi ", disse.
La sentì che saliva le scale; poi silenzio. Giovanni prese il telecomando.
Schiacciò un pulsante.
Lo schermo della televisione si schiarì, mostrando le immagini di un
campo di calcio. Sentì il fischio dell'arbitro: la partita stava iniziando.